mercoledì 30 maggio 2012

I TRAUMI DA CORSA

Un runner, per la ripetitività del gesto atletico in allenamento e in gara, sottopone a grandi sollecitazioni l'apparato osteoarticolare e muscolare, aumentando il rischio di incorrere in patologie da sovraccarico funzionale. Tutto ciò avviene in condizioni normali, figuriamoci se il soggetto in questione è un neofita, poco allenato, magari in sovrappeso e con pregressi problemi muscolari o posturali.
Tralasciando in questa sede tutti i traumi diretti (cadute, distorsioni, botte) occupiamoci di analizzare quali lesioni croniche può procurare la corsa, che sempre più spesso viene praticata da soggetti di tutte le età.
Se da una parte è vero che molti traumi in fase iniziale sono di lieve entità, è pur vero dall'altra che se vengono trascurati potranno diventare problemi ben più seri nel tempo. Basti pensare semplicemente al fatto che il piede compie 800 battute ogni 1600 metri di corsa, con una forza trasmessa alle estremità ad ogni passo da 3 a 8 volte di più del peso corporeo.



Da ciò si comprende l'importanza di una buona valutazione preventiva presso un osteopata o posturologo alle prime avvisaglie di dolori, contratture, crampi, anche in distretti corporei distanti dalle zone interessate dalla corsa.








Le lesioni più comuni alle quali vanno incontro i corridori sono:

- SINDROME DELLA BANDA ILEOTIBIALE: Si manifesta con dolore nella parte esterna del ginocchio che viene avvertito generalmente a fine corsa. Le cause sono molteplici, tra cui il varismo delle ginocchia, un'eccessiva pronazione del piede, una dismetria degli arti inferiori, metodi e superfici di allenamento non adeguati, come correre sempre su un circuito circolare.

- GINOCCHIO DEL CORRIDORE: E' caratterizzato da una degenerazione cartilaginea che irritandosi procura dolore e, nel tempo, può causare un danno alla rotula che perde la sua mobilità. Il soggetto avverte un dolore intorno alla rotula dopo esser stato seduto a lungo, o nel fare un percorso in discesa.

- SHIN SPLINT: Si manifesta con dolore sulla porzione antero-interna della gamba. Colpisce soprattutto i neofiti che non sono ancora abituati agli stress funzionali della corsa o gli atleti che non fanno adeguato stretching o lavori propriocettivi.



- INFIAMMAZIONE DEL TENDINE D'ACHILLE: E' una tendinite frequente che si palesa generalmente a causa di un eccessivo carico allenante o di calzature non adeguate. Uno dei maggiori fattori predisponenti è l'ipertrofia dei muscoli della catena posteriore che causano troppa tensione sul tendine, o una riduzione di mobilità delle articolazioni delle ossa del piede.

- FASCITE PLANTARE: Dolore acuto specialmente al mattino localizzato nella fascia plantare, causato dallo sforzo eccessivo della stessa. Si manifesta quando il piede si appiattisce al suolo per distribuire il peso e poi successivamente spinge verso le dita per camminare o correre.




- SPINA CALCANEALE: Caratterizzata da dolore vivo alla pressione sul tallone e confermata dalla radiografia. E' causata dalle trazioni del tendine d'Achille o della fascia plantare sul calcagno, che favoriscono la formazione di nuovo tessuto osseo per la riparazione di microlesioni.
Può essere asintomatica, ma generalmente nello sportivo questo è più difficile, perchè la spina aumenta le probabilità che si infiammi la fascia plantare per i ripetuti attriti.

QUALI LINEE GUIDA SEGUIRE?

a) SOTTOPORSI A VALUTAZIONI FUNZIONALI:  Consultare un osteopata per valutare il proprio stato di salute globale, eventuali carenze nutritive, la propria struttura scheletrica e sottoporsi, quando necessario, a trattamenti per riequilibrare eventuali blocchi.

b) USARE CALZATURE ADEGUATE:  Andare in un negozio specializzato che analizzi la forma del proprio piede e trovi la scarpa più adatta alle proprie esigenze. Questo è un semplice consiglio che può evitare grossi problemi

c) PREPARARSI ALL'ALLENAMENTO:  Eseguire un riscaldamento a corpo libero dei distretti più coinvolti nell'allenamento, includendo lavori di mobilità articolare, propriocettività e stretching.

d) PROGRAMMARE L'ALLENAMENTO: Alternare periodi di carico a cicli di scarico. Includere nell'allenamento una corretta alimentazione e una adeguata integrazione naturale.

mercoledì 23 maggio 2012

Occlusione e postura: Esiste una relazione?

Il termine occlusione rappresenta il punto di partenza e di arrivo del movimento mandibolare ed evoca una nozione di chiusura. L'occlusodonzia è una branca dell'odontostomatologia che mira a ristabilire una buona funzionalità di tutte le componenti dell'apparato masticatorio e una buona occlusione dentale, che è una funzione riflessa asintomatica dei muscoli che muovono la mascella e la mandibola. Da ciò risulta evidente l'importanza della presa in carico di questo problema mediante la collaborazione tra un osteopata o un posturologo ed uno gnatologo.
Vediamo meglio perchè.
L'osteopatia, cosi come ogni disciplina rieducativa posturale globale, tiene conto e interviene sulla postura, andando a correggerla e migliorarla, tramite l'intervento sulle catene muscolari e fasciali. Infatti qualsiasi perturbazione del sistema posturale può modificare i contatti dentali e procurare alla lunga una disfunzione sull'articolazione temporo-mandibolare.
Analogamente l'ATM e i problemi a carico dell'apparato masticatorio possono avere delle ripercussioni sul sistema tonico posturale, portando un dolore o un problema anche in un distretto corporeo lontano, per via dell'interazione delle suddette catene.



Cio che si vede nella pratica quotidiana è che sempre più spesso si presentano pazienti,tra cui anche sportivi,  che soffrono di problemi di occlusione che causano dolori, click, blocchi etc.. Le cause sono numerose e in primo luogo troviamo lo stress; attraverso il bruxismo si imprimono all'articolazione delle importanti forze di compressione che sono all'origine delle disfunzioni. Un'altra causa è data dalle conseguenze post chirurgiche legate all'estrazione dei denti del giudizio e infine ci sono i trami diretti e indiretti ( colpo di frusta cervicale per esempio).
Ricordiamo che l'ATM è l'articolaziome più sollecitata del corpo intervenendo in tantissime attività (parlare, masticare, deglutire etc), perciò è fondamentale che mantenga una buona mobilità. Non sempre l'intervento del terapista può essere d'aiuto, ma un buon lavoro in sinergia con lo specialista, potrà stabilire le priorità di intervento laddove si tratti di una disfuzione reversibile o no. Solo dopo questa duplice visione l'osteopata potrà prendere in carico i casi che gli competono e intervenire sul ripristino della mobilità articolare, realizzando delle tecniche di detensionamento dei muscoli temporali, masseteri, pterigoidei, sottoioidei etc e altre tecniche di decoattazione articolare.

martedì 15 maggio 2012

L’importanza di una nutrizione sana, naturale e completa

Vorrei aprire questo post con un aforisma di Ippocrate, considerato il “padre” della medicina, risalente al V° sec. a.c. che recita cosi:
“Che l’alimento sia la tua medicina e la tua medicina sia il tuo alimento, ma gli alimenti possono diventare anche veleno”.
Sai che applicando nuove abitudini alimentari puoi migliorare la tua salute, il tuo rendimento quotidiano e raggiungere il tuo massimo potenziale?
Sai che una corretta alimentazione ti può aiutare a prevenire malattie e lesioni?
Sei disposto a realizzare i cambiamenti di abitudini necessari per assicurare la tua salute ottimale?
Passiamo in rassegna brevemente quali sono i principali nemici dell’uomo nel XXI° secolo:


-Lo sfruttamento delle terre coltivate, tale da impedire un’ottima qualità di cibo
-L’inquinamento ambientale
-Il trasporto dei prodotti, la conservazione, la pulizia, la cottura dei cibi e l’eventuale trasformazione chimica
-Le farine raffinate, lo zucchero, gli alimenti surgelati e conservati
-I farmaci per conciliare il sonno, contraccettivi, antinfiammatori, antibiotici
-Lo stress e la fatica fisica
-Ridotto apporto di carne, pesce, frutta e verdura, legumi, cereali integrali ed abuso di latticini e farine raffinate
-Il consumo di alcool, caffè, tabacco e lo scarso apporto di acqua minerale.



L’OMS raccomanda di mangiare,come minimo, quotidianamente 5 porzioni di frutta fresca cruda e 5 di verdura fresca cruda.



Quanti di noi davvero riescono a farlo?
Nell’impossibilità di assumere la quantità minima di frutta e verdura giornalmente e quindi di beneficiare dei loro effetti antiossidanti, dovremmo integrare tale carenza con dei prodotti specifici,estratti da fonti naturali, che servano da supplemento delle sostanze essenziali.
In ogni caso, pur riuscendo ad alimentarsi correttamente,oggi sta diventando doveroso, vuoi per l’inquinamento, vuoi per le tecniche di coltivazione o per l’eccessiva cottura dei cibi etc.., assumere degli integratori naturali che sopperiscano alle carenze di micronutrienti.
Questo avviene, per esempio, perché molti animali di allevamento non escono mai dai loro locali e sono nutriti in batterie costituite da una decina di alimenti come cereali e piante secche, prodotti fermentati, residui industriali, scarti di carne e di pesce etc.
Anche i legumi e la frutta coltivati in serre sono raccolti dopo un ciclo di vita assai più breve, rispetto a quelli coltivati tradizionalmente.
Perciò tutti questi alimenti cresciuti troppo in fretta sono imbottiti artificialmente di minerali e vitamine aggiunti in batteria. Basti leggere l'articolo del seguente noto quotidiano per rendersi conto di come negli anni gli alimenti abbiano perso i loro nutrienti principali:


Si nota chiaramente che certi prodotti largamente consumati oggi hanno perso gran parte dei loro minerali e vitamine, a causa anche della conservazione, della cottura e della raffinazione industriale.
A mio avviso un ritorno agli alimenti naturali e possibilmente crudi, sarebbe un ottimo passo avanti verso una dietetica fondata su nozioni qualitative e non quantitative.


Alcune regole generali di condotta potrebbero essere le seguenti:
-Scegliere macronutrienti(carboidrati, proteine e grassi) di qualità
-Preferire farine integrali o riso
-Evitare l’eccessiva cottura e ad alte temperature
-Ridurre il consumo di latticini
-Bere molta acqua
-Assumere regolarmente integratori di vitamine, minerali e fitonutrienti e omega 3, per prevenire l’azione ossidativa dei radicali liberi.
Può apparire impossibile all’inizio operare dei cambiamenti alimentari ma è bene ricordare che  una volta che la biochimica del corpo  si equilibra le scelte alimentari sono istintivamente totalmente naturali e accadono senza dover usare la forza di volontà.


Per maggiori informazioni, dubbi o chiarimenti non esitare a contattarmi

domenica 13 maggio 2012

LA PUBALGIA NELLO SPORTIVO

                        
La pubalgia è l’espressione dei sintomi localizzati a livello del pube con irradiazione agli adduttori,agli addominali e alle arcate crurali, le quali talvolta sono costanti e talvolta no, a seconda della gravità.
Il termine “pubalgia”può essere confuso e risultare un contenitore di situazioni interpretabili in diverso modo; la diagnosi infatti deve scaturire da una corretta anamnesi, ma resta in ogni caso solo una constatazione, perché non spiega le cause.
La caratteristica predominante della sindrome è rappresentata da quello che viene definito “algia pubica”, ovvero dolore spontaneo, continuo o saltuario, a volte gravativo e sordo che può irradiarsi alla regione inguinale, perineale e addominale.
Le cause spesso sono diverse, ma solitamente l’eziologia è legata ad una serie di traumi o microtraumi ripetuti a carico dell’apparato muscolo-tendineo. Prevalentemente i tessuti sottoposti a  danni da sovraccarico sono:
muscoli, tendini, borse,nervi, ossa e il corpo “verbalizza” ed esprime attraverso il DOLORE.



Questa patologia colpisce prevalentemente calciatori, tennisti, saltatori, hockeisti, fantini. E’determinata da una spina irritativa teno-muscolare e può essere legata a cause estrinseche e a cause intrinseche.



Esistono vari tipi di “algia pubica”:
Ø    Pubalgia “del Quarantenne”
Ø    Pubalgia viscero-somatica
Ø    Pubalgia neurologica
Ø    Sindrome retto-adduttoria
Ø    Pubalgia secondaria ad una sub-lussazione pubica
Ø    Pubalgia secondaria ad uno scompenso posturale

Ed esistono inoltre FATTORI PREDISPONENTI e DETERMINANTI:
§        Fattori predisponenti comprendono: terreni di gioco, calzature non idonee, condizioni atmosferiche, l’errata esecuzione del gesto tecnico, errori dietetici, utilizzo di sostanze anabolizzanti, anomalie congenite o acquisite del sistema osteo-articolare e muscolo-tendineo come le dismetrie degli arti, le malattie intercorrenti, le alterazioni elettrolitiche.
§       Fattori determinanti sono le ripetute e abnormi sollecitazioni funzionali in rapporto all’esecuzione del gesto tecnico specifico dello sport praticato. Esse determinano sulle strutture anatomiche interessate dei fenomeni reattivi (flogosi) e/o degenerativi (tendinosi, borsiti, fasciti).

La pubalgia può derivare sia dal blocco dell’articolazione del pube con perdita della mobilità, sia dal sovraffaticamento con eccessi di mobilità.
La perdita di mobilità totale del pube è dovuta ad un trauma, la perdita di mobilità parziale è in relazione con tensioni muscolari le cui cause vanno ricercate, sia sul piano meccanico, sia sul piano parietale che su quello viscerale.
Poiché la frequenza delle pubalgie è più elevata nei calciatori, nei rugbisti e nei saltatori, occorre analizzare le sequenze meccaniche traumatiche possibili, ricordando che il trauma diretto alla sinfisi pubica è molto raro.
Le forze trasmesse dall’arto inferiore, con presa di contatto col suolo possono essere asimmetriche, in modo da innalzare una branca pubica più dell’altra, comportando un movimento a “forbice” del pube ( secondo Kapandji), con stiramento dei legamenti pubici, associato o no al blocco della branca pubica superiore.
La perdita di appoggio al suolo o un movimento contrastato da opposizione sull’arto inferiore, provocheranno una brusca tensione degli adduttori. Questo stress può essere causa di lesione ai legamenti o alle inserzioni muscolari che interessano il pube. Questa meccanica può portare ad una trazione verso il basso della branca pubica e con il tempo deteriorare i legamenti o le inserzioni muscolari che interessano il pube.


Nel corso degli anni sono state avanzate tantissime tesi in merito alla pubalgia e alla sua eziologia. Molti autori, continuano a sostenere che l’elemento principale che favorisce la comparsa della pubalgia sia il conflitto tra addominali insufficienti e adduttori potenti. Gli uni tirano debolmente verso l’alto, gli altri potentemente verso il basso: il confronto è ineguale, compare la sofferenza e viene risentita sia a livello dei loro tendini e delle loro inserzioni ossee. 



Ma è davvero cosi?

Se si osserva attentamente l’anatomia e la fisiologia dei muscoli del distretto pelvico, si nota che i grandi retti dell’addome, gli obliqui, il piramidale dell’addome e gli adduttori finiscono tutti sul pube e si intrecciano con le loro inserzioni, rinforzando questo anello;  lo stesso discorso vale per gli addominali. Possono essere deboli gli addominali di un calciatore professionista o di un tennista? Non può essere invece che sono troppo forti?
E’ pur vero, tuttavia, che il chirurgo trova delle inserzioni muscolari deboli. Allora ciò non sarà forse per l’eccesso di lavoro e non per insufficienza o debolezza?
Le catene muscolari rette e incrociate del tronco e degli arti inferiori convergono sull’anello pubico, quindi, un’eccessiva tensione in una o più catene può affaticare il tendine terminale e usurare l’anello per la troppa mobilità.
Infatti, perché i ballerini che sollecitano al massimo il pube soffrono meno di pubalgia cronica? Perché lavorano molto in allungamento e le loro catene muscolari non presentano retrazioni.
Al contrario, i giocatori di calcio, di tennis o di rugby lavorano tanto in semiflessione, facendo lavorare molto il quadricipite, ma soprattutto il medio gluteo e gli ischio-crurali; non a caso questi sportivi sviluppano una muscolatura posteriore dell’arto inferiore voluminosa, robusta e corta per assicurarsi la stabilità del ginocchio.



Per quanto riguarda il trattamento della suddetta affezione si può adottare un protocollo OSTEOPATICO(per riequilibrare il bacino), la TERAPIA MANUALE (massaggi), la FISIOTERAPIA(elettroterapia,ultrasuoni etc.), l’OMEOPATIA, i CATAPLASMI(impacchi di argilla etc), le FASCIATURE, l’AGOPUNTURA.

Nello specifico del trattamento osteopatico, l’operatore dovrà controllare che il bacino abbia una corretta mobilità, perciò ilei, sacro e pube devono essere testati ed eventualmente corretti.
Ma come abbiamo già visto anche la colonna lombare e l’arto inferiore sono di capitale importanza, quindi dovremmo analizzare la mobilità segmentaria del rachide e di tutto l’arto inferiore.
Poiché questa patologia presenta una forte predilezione alla cronicità, favorendo processi degenerativi sia a livello dei tessuti molli e sia a livello del tessuto periostale, la terapia manuale (massaggio riflesso, massaggio trasversale profondo, tecniche periostali, fisioterapia e posture) e la terapia medica (mesoterapia, agopuntura e anti-infiammatori), sono efficaci per il drenaggio e la stimolazione germinativa del periostio.


Per concludere ricordo l’importanza, in prima battuta, di un attento esame posturale e poi del doveroso accorgimento di effettuare un buon riscaldamento prima della seduta allenante e soprattutto un ottimo stretching prima e dopo l’allenamento per conferire elasticità ai muscoli, che possono così assorbire con facilità le sollecitazioni meccaniche prodotte dall’allenamento stesso.